Impianti spinali flessibili per riprendere a camminare

 

 

GIOVANNI ROSSI

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XIV – 18 giugno 2016.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: DISCUSSIONE/AGGIORNAMENTO]

 

Le lesioni del midollo spinale che condannano alla sedia a rotelle per il resto della vita sono ancora una minaccia ed una dura realtà per molti, nonostante tutti i progressi compiuti nella conoscenza dei processi di rigenerazione neurale, i nuovi trattamenti e le terapie sperimentali. Se è vero che lesioni traumatiche che solo venti anni fa condannavano senza appello alla paraplegia oggi possono essere trattate con buone percentuali di recupero parziale, è pur vero che la prognosi complessiva, soprattutto in presenza di un danno esteso, rimane sfavorevole. Per cercare di superare questi problemi, in passato sono stati realizzati degli impianti per il trattamento mediante stimolazione locale in un materiale plastico che, pur conferendo loro una certa flessibilità, non consente l’allungamento per effetto di trazione. Nell’impiego clinico, tali neuroprotesi hanno causato problemi simili a quelli prodotti dagli impianti cerebrali della stessa generazione discussi in precedenza[1], quali spostamento, corruzione da contatto e infiammazione.

Il sistema nervoso centrale, protetto dai tre involucri della pia meninge, dell’aracnoide e della dura meninge (dura mater), ha una sua stabilità elastica all’interno dell’astuccio osseo cranio-vertebrale, grazie ad un insieme di elementi e dispositivi, fra i quali spicca il sistema delle cavità contenenti il fluido cefalo-rachidiano (liquor), che garantisce una forma dinamica di protezione meccanica. Questo insieme ammortizza, in parte grazie ad una risposta elastica, l’effetto di scosse, urti o stress da trazione, conservando al contempo la capacità di trasmissione di onde meccaniche attraverso la sua compagine tessutale. Anche in condizioni di riposo, il nostro organismo è percorso al suo interno da onde di moto, quali quelle originate dal battito cardiaco, dalla respirazione e dalla peristalsi intestinale, i cui effetti sono stati armonicamente compensati dalla contemporanea evoluzione di proprietà di tessuti, organi ed apparati nel corso di milioni di anni di evoluzione animale. L’insieme degli effetti dovuti a queste onde meccaniche, causa movimenti dei tessuti biologici contro quelli protesici con il risultato di determinare lo spostamento di sede, con perita di selettività topografica per la stimolazione e la rilevazione dell’attività elettrica, ed una confricazione dalla quale possono derivare reazioni infiammatorie talvolta anche gravi. A parte la condizione che configura una sorta di rigetto del “corpo estraneo”, in numerose altre circostanze si è rilevata la formazione di micro cicatrici gliali con nodi di gliosi astrocitaria ed altri segni istologici di danno locale.

Per superare questi problemi, così come negli USA alla Harvard University era stato costituito un team guidato dal chimico Charles Lieber[2], in Svizzera è stata costituita una équipe  multidisciplinare guidata da Gregoire Courtine, titolare della cattedra di Spinal Cord Repair del Politecnico Federale di Losanna (EPFL), e Stephanie Lacour, professoressa di Tecnologia Neuroprotesica (EPFL’s Bertarelli Chair) presso la stessa scuola universitaria. Il lavoro di questo gruppo di ricerca, del quale ha fatto parte Micera dell’Istituto di Biorobotica della Scuola Superiore Sant’Anna, ha realizzato l’impianto battezzato e-dura da electronic dura mater.

La struttura in silicone, oro e platino del piccolo dispositivo, concepita ad imitazione delle proprietà meccaniche dei tessuti biologici e in particolare della dura meninge, è tale da consentire un adattamento ottimale sulla superficie del midollo spinale ed eventualmente dell’encefalo per l’invio simultaneo di impulsi elettrici e farmaci. Il materiale costitutivo è una gomma sintetica di silicone che, sebbene sia dotata di proprietà di estensione elastica e flessibilità vicine a quelle della meninge, può ospitare al suo interno un perfetto dispositivo elettronico concepito per la stimolazione del tessuto nervoso danneggiato. Il sostrato di gomma contiene fili conduttori ultrasottili di oro che, grazie ad una miriade di microscopiche e parziali soluzioni di continuità, possono allungarsi, sopportando trazione e flessione senza interrompere la conduzione. Gli elettrodi, rivestiti di un nuovo composto di platino e silicone allungabile, possono essere impiegati anche per monitorare in tempo reale gli impulsi motori che vanno dal cervello al midollo spinale. Tutto il dispositivo, come ha dimostrato una lunga e accurata sperimentazione, può essere sottoposto a sollecitazioni meccaniche anche superiori a quelle comunemente presenti in vivo senza perdere la sua ottimale conduttività elettrica. All’interno della compagine di e-dura sono stati progettati dei microcanali per il passaggio di fluidi, che si possono adoperare per iniettare soluzioni contenenti molecole terapeutiche, quali neurotrasmettitori.

È da notare che e-dura è stato il primo impianto ad essere progettato fin dall’inizio per applicazioni terapeutiche di lunga durata. Nella sperimentazione animale, l’impianto e-dura è stato chirurgicamente posto subito sotto la dura in corrispondenza del segmento del midollo da stimolare in relazione alla sede del danno. Courtine, Lacour e i loro colleghi hanno impiegato un protocollo riabilitativo standardizzato per sperimentare il loro nuovo dispositivo su ratti paralizzati. Dopo qualche settimana di training l’impianto, che è risultato del tutto biocompatibile, ha funzionato alla perfezione consentendo ai ratti di recuperare la loro funzione locomotoria[3].

In un esperimento durato due mesi i ricercatori hanno verificato che ratti sani portatori di e-dura potevano attraversare una struttura a pioli con le stesse prestazioni dei roditori sani del gruppo di controllo senza neuroprotesi. Invece, il gruppo di ratti con un impianto plastico tradizionale, che possiede una certa flessibilità ma non è allungabile, dopo qualche settimana dopo l’inserimento della neuroprotesi cominciavano a perdere il passo, mancando spesso i pioli con le zampette. Al termine del periodo di prova, è stato esaminato il midollo spinale di tutti i roditori. Mentre nei gruppi di controllo e con l’impianto e-dura la struttura del sistema nervoso centrale era assolutamente integra, nei ratti con l’impianto tradizionale sono stati rilevati appiattimento e danni della sostanza bianca midollare. Si poi valutata anche la risposta cellulare, rilevando una massiccia reazione immunitaria nei ratti con le neuroprotesi tradizionali contro una risposta minima con e-dura. Dopo questi esperimenti, il team multidisciplinare ha provveduto a sperimentare direttamente l’impianto del nuovo dispositivo sul midollo spinale i ratti paralizzati, verificando gli effetti della combinazione dell’elettrostimolazione con la terapia farmacologica locale erogata grazie agli appositi microcanali. Il recupero della funzione locomotoria da parte dei roditori è stato impressionante.

Nell’esprimere un giudizio o una previsione su quella che sarà la resa nella realtà umana la prudenza è d’obbligo, considerato quanto di frequente accade nella traduzione clinica dei risultati della sperimentazione animale in ambito neurologico; tuttavia, in questo specifico ambito in cui il confronto fra vecchia e nuova tecnologia può basarsi sul paragone con una precedente traduzione, riteniamo che un certo ottimismo sia più che giustificato.

Ricordando che le potenziali indicazioni di e-dura previste dagli autori dello studio, oltre ai traumi midollari, includono la malattia di Parkinson, l’epilessia e tutte le patologie del sistema nervoso per le quali sono già previste stimolazione elettrica, monitoraggio elettrofisiologico ed erogazione locale di farmaci, bisogna ricordare che, almeno in linea teorica, la scelta del suo impiego clinico dovrebbe cedere il passo alle microstrutture nanoelettronieche iniettabili ogni volta che ciò sia possibile[4].

 

L’autore della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza ed invita alla lettura dei testi di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Giovanni Rossi

BM&L-18 giugno 2016

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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[1] Si veda in Note e Notizie 14-05-16 Impianti cerebrali iniettabili per agire su singoli neuroni; si suggerisce questo articolo a tutti coloro che non l’abbiano ancora letto. Gli impianti cerebrali iniettabili costituiscono la vera innovazione rivoluzionaria in questo campo [v. Liu J., et al. (and Lieber C.M.), Syringe-injectable electronics. Nature Nanotechnology 10 (7): 629-36, 2015] dovuta soprattutto ai ricercatori di Harvard; tuttavia, la neuroprotesi e-Dura qui discussa merita attenzione per le possibilità di un efficace impiego clinico che sembrano profilarsi.

[2] Si veda in Note e Notizie 14-05-16 Impianti cerebrali iniettabili per agire su singoli neuroni.

[3] Minev I. R., et al., Biomaterials. Electronic dura mater for long-term multimodal neural interfaces. Science 347 (6218): 159-163, 2015. L’argomento è stato trattato da vari editorialisti scientifici, fra cui Lionel Pousaz ed Esther Hsieh.

[4] Note e Notizie 14-05-16 Impianti cerebrali iniettabili per agire su singoli neuroni.